24 aprile – Süphan Dağı, 4.068 m
Sveglia alle 2:30, “leggiadra” colazione al sacco a base di pane, frittata, pomodoro e formaggio e via! Le prime luci dell’alba all’arrivo, qualche ora dopo, ci rivelano che la neve è molto, mooolto lontana…
Carichiamo sci e scarponi sugli zaini e partiamo tra terriccio e sterpaglie, con la cima che ci osserva sbeffeggiante tra forti sbuffi di vento.


Dopo circa un’ora di faticoso cammino e quasi 300 m di dislivello (2600), arriviamo finalmente alla prima lingua di neve e possiamo alleggerirci un po’. Saliamo con passo deciso sul bel pendio regolare anche quando il vento si fa sempre più forte, spingendoci quasi indietro nel traverso.
Raggiunto il deposito sci, a circa 3900 m, calziamo i ramponi e affrontiamo gli ultimi metri tra grossi roccioni coperti di galaverna. Per sbucare in cima bisogna stare a testa bassa, ma poi ci si può far tenere in piedi dalle raffiche che spazzano incessanti il terreno tutto attorno.

La lunga discesa va dalla crostina portante al firn alla pappa finale, in cui gli sci si incollano un po’ si e un po’ no. Rimettersi tutto in spalla è una tortura, anche perché gli sci sono fradici e gli scarponi mezzi infangati, ma resta la soddisfazione di aver concluso una gita impegnativa e meravigliosa.
Ripartenza per Doğubeyazıt con stop di un’oretta a Erçis per chi vuole pranzare, mentre gli altri vengono avvicinati dalla gente del luogo, incuriosita dalle nostre facce occidentali e dalle giacche blu elettrico. Alla fine risaliamo sul pulmino e, dopo qualche ora di dormiveglia, all’improvviso eccolo spuntare tra le nebbie: l’Ararat, che si erge solitario e maestoso in mezzo al nulla. Scattiamo mille foto da dietro i vetri lerci, sempre più emozionati per quello che ci aspetta.
