
L'inverno alpino
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brani liberamente tratti da
"Alpinismo invernale" di Marcel Kurz
foto di Ai@ce, Francesco, Giulietto,
José, Lorenzo e Roberto |
L'inverno di cui vogliamo parlare qui, non è quello del calendario, la cui durata, irrevocabilmente fissata dalle date, va dal 23 dicembre al 23 marzo. L'inverno alpino è assai più lungo. Mentre nelle alte Alpi la stagione favorevole alle escursioni estive si estende dal principio di giugno alla metà di ottobre (cioè durante un periodo di circa quattro mesi), quella propizia allo sciatore dura circa sette mesi consecutivi (cioè da dicembre a giugno). Queste stagioni sono del resto piú o meno elastiche, e possono essere ritardate, avanzate o prolungate, secondo le condizioni meteorologiche, che variano naturalmente da un anno all'altro e secondo la regione alpina.
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I nomi delle nostre stagioni (primavera, estate, autunno, inverno) non sono stati certo inventati da un montanaro, poiché nessuno di essi si applica particolarmente alle Alpi. La primavera e l'autunno non esistono nell'alta montagna e non sono altro che brevi fasi transitorie, senza carattere particolare, piú o meno strette tra le stagioni principali, secondo che l'una o l'altra influisca maggiormente su di esse. Sarebbe dunque più naturale il distinguere due sole stagioni, secondo lo stato generale delle precipitazioni che lo caratterizzano: la pioggia in estate, e la neve in inverno. |
Dalla metà di gennaio e fino a marzo, le precipitazioni nevose diventano meno frequenti e la loro durata meno lunga. Nella seconda quindicina di gennaio o nella prima di febbraio, non è raro veder stabilirsi in montagna una lunga serie di belle giornate, perfino di parecchie settimane consecutive, con un tempo perfettamente stabile, che costituisce la famosa "serie", durante la quale le pianure si coprono di una nebbia opaca, mentre la montagna risplende sotto un sole generoso ed un cielo immutabilmente azzurro.
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L'inverno alpino, insomma, conta tre fasi principali, più o meno distinte secondo le annate, cioè dapprima un periodo di innevamento preliminare, poi un periodo di massima secchezza nelle alte regioni, infine un innevamento definitivo, accompagnato da temperature sempre ascendenti, ultima fase dell'inverno alpino che precede immediatamente la prima dell'estate alpina, caratterizzata da piogge e dallo scioglimento progressivo delle nevi. |
Durante le prime due fasi dell'inverno alpino, cioe' fino a marzo, lo sciatore esigente sarà quindi raramente soddisfatto dalle condizioni della neve in alta montagna, perche' nella prima fase (novembre-dicembre), questa neve puo' essere favorevole, ma il suo spessore generalmente non è sufficiente e nella seconda, quando lo strato sarebbe sufficiente, la sua superficie è il più delle volte indurita e ondulata dai venti. Vale a dire che, durante tutto l'inverno del calendario, le alte Alpi non offrono nulla di molto seducente per lo sciatore propriamente detto, il quale fara' dunque meglio ad evitare queste alte regioni fino a marzo. Esiste, fra i 1500 e 2500 metri di altezza, una quantita' di pendii favorevoli, di larghi valloni, di colli facili ed anche di vette non difficili, il cui accesso non presentera' problemi mentre la discesa offrira' tutto il fascino della scivolata sopra una neve perfetta.
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Quando si è andati a passeggio per molte ore con gli sci su vasti campi di neve, e si lasciano d'un tratto i lunghi pattini per calzare i ramponi e impegnarsi su una cresta quale quella del Lyskamm, occorre un istante per ritrovare lo sdegno superbo che si ride del pericolo e degli abissi. A poco a poco l'occhio si abitua al vuoto e il piede si fa sicuro grazie al deciso morso dei ramponi sulla neve.
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Nella notte avevo cambiato i miei piani. Più corro attraverso le montagne, più costato che bisogna sapere adattarli alle circostanze del momento. Cio' non m'impedisce di accarezzare i progetti per molto tempo prima, ma, una volta sul posto, bisogna essere molto elastici e non attaccarsi ciecamente alla prima idea.
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Di ritorno dal colle, eccoci prolungare la nostra siesta nel calore dolce del sole. E' il grande piacere delle gite in sci: potersi attardare sulle vette, osservando le ombre della sera, sapendo che una traccia infallibile vi condurrà al tetto che vi ospiterà per la notte. E la discesa - chiederete,- meravigliosa senza dubbio? Allo sportivo, io risponderò di no, perché la neve era indurita, come sempre a queste alte quote; ma a chi viene qui per ammirare la natura e conquistare una nobile vetta, io diró sí, meravigliosa: la discesa cosí come la salita. Meravigliosa, perché in inverno il crepuscolo è il piú bel momento della giornata, l'ora nella quale i contrasti diventano più sorprendenti fra le ombre invadenti e le luci morenti sulle nevi. Meravigliosa anche perché il sentimento del trionfo abbellisce ogni cosa.
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Correndo, rimontammo la costa: essa era formata di rocce sfasciate, ma facili, alternate con nevai induriti. Lassu', sulla cresta, il vento sollevava dei turbini di neve che si abbattevano polverizzati dalla nostra parte. Quando vi giungemmo fu necessario appiattirci al di sotto della cresta per sfuggire alle raffiche e poter godere per un momento, al riparo, i primi raggi del sole. Ricuperate le forze, il respiro e tutta la nostra energia, potemmo avventurarci sulla cresta aerea che saliva alla vetta. Senza le raffiche della tramontana le condizioni sarebbero state perfette. Inutilmente cercammo un punto riparato per fermarci: solo quando arrivammo in vetta, dopo una scalata senza tregua, il vento cesso' bruscamente; calma assoluta, neanche un soffio d'aria. Non era la prima volta che osservavo questo curioso fenomeno giungendo sopra una vetta o anche sopra una cresta. Esso e' probabilmente dovuto all'equilibrio atmosferico tra gli opposti versanti della montagna.
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