Corso: SA1-2006
Data: 26/03/2006
Partecipanti:
Data: 26/03/2006
Partecipanti:
Itinerario: Manzina
Quota iniziale : 2018
Quota finale : 3318
Dislivello totale : 1300
Esposizione :
Quota finale : 3318
Dislivello totale : 1300
Esposizione :
Difficolta' : BS
Localita' di partenza :
Regione :
Zona : Ortles-Cevedale
Localita' di partenza :
Regione :
Zona : Ortles-Cevedale
Mej cocomeri! esclamo alzando la Tapparella proprio ‘na bella jurnata ‘sta matina! Ci hanno messo si un mese buono, ma alla fine ci sono riusciti ad azzeccare lu uicchend giusto ‘sti scienziati distruttori! Tapp mi guarda dall’alto delle mie braccia, assorta nei suoi occhioni acquosi, perennemente sbalorditi, plumbei come ‘sta mizzica di cielo. Me la sono arrubbata l’altra sera durante l’intervallo, infilandomela dintra ‘na sacchetta mentre passava torno torno alla pista du soleil sgambettando sopra un pallone a strisce gialle e blu. E’ comoda assai e non dice ne’ bah ne’ boh!la picciriddra muta e’! La poso sopra il televisore e le aggiusto le treccine raccomandandole di stirarmi le camice appese, di fare la spesa e di rassettare tutto quanto. – E guai a te se ti ripesco ancora a fare il pisolino sopra il lampadario, perche’ ti tengo di nuovo a pane e acqua per un mese! Lei mi guarda estasiata e sorride. Esiste forse una fortuna piu’ grande di questa? Di pizzicare finalmente una femmina che non ti pesa, che dove la metti sta e che non dice mai una parola?! Raccolgo lo zaino e scendo in garage. L’appuntamento e’ ai carciofi di Cinisello Balsamo, all’uscita della tangenziale. Spero che i tavolati non vengano a sapere del nostro ritrovo segreto, altrimenti sarebbe per loro un gioco da ragazzi ironizzare: gli e’ andata male, poverini!, potevano trovarsi al piazzale dei finocchi e unire cosi’ l’utile al dilettevole (finocchi, !si potra’ dire ? ). Imbarco l’Edo e l’Eu. Per i piu’ fortunati che non avessero ancora avuto modo di conoscerlo, l’Eugenio e’ un personaggio assai bizzarro, con un profilo a meta’ tra il Marco Polo e la Margherita Hack. Un mezzo genialoide ( come vanno sostenendo i genitori da quando gli hanno affibbiato il nome, oltre 40 anni fa) ‘costretto’ dal lavoro a continui spostamenti intercontinentali. Lo menziono solo perche’ si e’ reso autore di una vera impresa: e’ riuscito ad ammorbarci per tutto il viaggio narrandoci usi, costumi e tradizioni dal Sud Africa alla Finlandia, passando per Singapore. E poi ce la menano tanto con i cervelli in fuga! Tutto il contrario: FUGA DAI CERVELLI! Eccolo il titolo da prima pagina sul quale sarebbe il caso di riflettere sul serio allertando l’intera popolazione!altro che terrorismo! Salto il tragitto in auto per non farvi crepare di noia (e Edo, pure lui! !che continuava a dargli spago) eppure, volendo, qualcosa d’interessante ce l’avrei: fermandoci per una sosta breve in quel di Morbegno abbiamo conosciuto, sotto le mentite spoglie di fancazzista fumato e un po’ bevuto, un santone-filosofo il quale e’ riuscito in una mezz’oretta appena ad aprire la mente di Edoardo, stendendogliela come pasta di pizza sopra l’universo intero. Ci aveva l’aureola quando e’ risalito in auto! Ma questa e’ un’altra storia. Troppo lungo da raccontare in poche righe. Arriviamo a La Pension seguiti a ruota dagli altri del 2Bis con i quali ci eravamo amabilmente intrattenuti nel crotto in Chiuro di Fancoli (Giulio, ti giuro che si chiamava davvero cosi’!che ci posso fare io se in provincia di Sondrio c’e’ gente tanto goliardica!) e vi facciamo colazione: sciatt con cicorino, pizzoccheri, un paio di rossi locali e un bel caffe’ corretto. Vi assicuro che fino a Santa Caterina ogni tornante e’ stato un miracolo! L’albergo-rifugio e’ bello e confortevole, tanto che non mi rimane nulla da aggiungere. Alla spicciolata arriva anche Lorenzo con la Tecla. Li ho conosciuti durante l’SA1 2004. Lui e’ qui per sostituire il Coppadoro, trattenuto a causa di non meglio precisati imprevisti in Georgia!o era in Kathiuscia? E’ un istruttore veramente in gamba, e pure intelligente. Strano vero? ma ne ho le prove. Mentre lei e’ stata allieva nella mia stessa classe e ricordo che ci si consolava a vicenda per esorcizzare l’incubo del fuori pista. Per cena ceniamo. L’indomani e’ quasi l’alba. E tale rimane a dispetto dell’ora legale anche dopo che abbiamo attraversato il primo pendio scorticato dai nostri scarponi il giorno avanti, quando, sotto il cipiglio severo della Gestapo, si sono cercati arva per un pomeriggio intero: e pensare che sarebbe stato sufficiente guardare nella sacca!erano tutti li’,!bastava saper contare! Come sempre battiamo la traccia (dovrebbero decidersi a pagarci per questo!). Un branco di camosci ci osserva e ci segue da lontano chiedendosi, stupito, che razza di licheni andiamo cercando in questa stagione. Dopo avere percorso una lunga mulattiera, che non voleva saperne ne’ di salire ne’ di scendere, ci affacciamo su un vasto pianoro dal quale si scorgono diverse cime oltre i 3000. Facciamo ambaraba’cici’coco’ e scegliamo quale dovra’ essere la nostra meta. Il cielo rimane coperto, sottostato da una miriade di cirri, nembostrati, nembocumuli: nuvole insomma. Alcune grigie, altre violette, s’inseguono come nel corso di una partita di calcio. Il sole e’ l’arbitro: sappiamo che c’e’ ma non si nota. E’ un vero disastro: solo se gli americani ritorneranno a bombardarci si potra’ sperare in uno sprazzo! Mentre questi pensieri elevati mi irrigidiscono i muscoli del collo, improvvisamente si sente un wroomm. Ma nessuno ci fa caso. Dopo una mezz’oretta un secondo wrooomm, e ci guardiamo negli occhi, indagatori, sospettando che fagioli, pizzoccheri, erba cipollina e peperoni in agrodolce non legano bene a cena. Infine un terzo wrrroooommm, piu’ forte ancora. A quel punto cala il panico, vere e proprie maschere di terrore si impossessano dei nostri volti (devo dire che qualcuno ci ha pure guadagnato) e cominciamo a temere il peggio pure io e Alberto, malgrado sabato sera avessimo avuto il privilegio di assistere alla prima dell’Orlando in un assolo di trombone (l’Orlando e’ sempre quello furioso, che quando si inalbera sono alberi per tutti!). Lorenzo ci dice che e’ tutto ok, che si tratta solo di un fenomeno di assestamento. Io e Alberto ci scambiamo l’ennesimo sguardo e scoppiamo a ridere (e’ noto che in alcuni individui una forte preoccupazione possa produrre crisi di riso isterico). Nel frattempo Marco – il nostro secondo istruttore – ci ha gia’ distanziato , arrampicandosi sulla Manzina. Ogni tanto si ferma per darmi qualche consiglio sul voltagabbana, o come diavolo si chiama, oppure per spiegarmi come misurare la pendenza di un pendio: parte da lontano, dal Teorema di Pitagora, snocciola un paio di radici quadrate e passando per semplici operazioni di trigonometria chiude la dimostrazione con calcoli astronomici senza l’uso del sestante. Geniale, e scommetto che e’ pure un ingegnere! (Giulio, ti giuro che con questo non voglio cominciare una lotta senza quartiere contro gli ingegneri!). Anche quando si gira, in bilico sulle lamine, mantiene intatto il suo aplomb da tenente-colonnello. Gli occhiali da sole non abbandonano mai la radice del naso e dalle sue labbra non trapela nemmeno l’ombra di un sorriso. Eppure io sono certo che se la spassi. Non guarda me. Dietro le lenti a specchio osserva la sua lunga traccia che si sviluppa sulla neve intonsa, geometrie perfette picchettate dai bastoncini con tutti quei piccoli figuri catturati, uno dietro l’altro, come minuscoli insetti nella sua bava di potere. Oh si, sono sicuro che in questi istanti egli goda come un riccio, come solo Michelangelo nel passato potette godere ammirando la sua Pieta’.. D’altronde che male c’e’: e’ un istruttore della Righini in carne e ossa pure lui! La discesa fila liscia fino a quota 2500 e, come se non bastasse, apriti cielo!….forse che gorge W. Bush in nostra assenza abbia dichiarato guerra al Berlusca? Finalmente c’e’ il sole, pero’ man mano che ci avviciniamo alle falde la neve va in pappa. Gli sci sprofondano in pozzanghere mozzafiato. Chi piu’ chi meno, voliamo tutti gambe all’aria. L’ultimo tratto, tra i pini nani, e’ adrenalina pura fino al punto che la maggior parte di noi, esasperata, toglie gli sci e decide di ritornare a piedi. E l’avrei fatto anch’io, se non fosse per un ruscello birichino che, con il suo scorrere sotterraneo, mi esorta ad un impellente bisogno fisiologico all’appuntamento del quale manco ormai da 12 ore. Allora mi faccio coraggio e rientro con gli sci piu’ in fretta che posso, arrivando comunque per ultimo. Eravamo tutti distrutti, stanchi e assetati. Ci siamo raccolti intorno ad un tavolo da picnic con i nostri cestini e abbiamo dato fondo alle dispense dimenticando, nella birra e nel vino, il ricordo di una giornata terribile. Per festeggiare alla grande l’Eugenio stappa una bottiglia di spumante e a quel punto io scarto la torta: oh, la torta della mamma! Un vero successo! Un vecchio antidoto che di tanto in tanto sono obbligato ad usare per addolcire la feroce antipatia che le mie parole e la mia stessa persona naturalmente suscitano! da sempre! Una volta tirato il fiato mi avvicino alla Tecla e le chiedo come abbia fatto a migliorare la sua tecnica di discesa. Lei mi racconta che dal quel lontano 2004 non ha mai smesso di fare scialpinismo; che, per esempio, sabato erano arrivati leggermente in ritardo dopo avere fatto un 1500 di dislivello in 5 ore; che suo marito (Lorenzo) la trascina ogni w.e. in montagna; che sono piu’ di due anni che non va al cinema, al teatro, in un ristorante che non sia citato dalle guide del CAI; che non ricorderebbe piu’ di che colore sia il mare se non fosse che, per recarsi al lavoro, si trova costretta a passare davanti ad una grossa agenzia di viaggi che espone numerose gigantografie raffiguranti schifosissime spiagge esotiche sulle quali campeggiano palme di dattero e amache di canapa. Il mare e’ cristallino, verde, azzurro! aggiunge, mentre una lacrima le fa capolino tra palpebre, si gonfia come un piccolo lago, si stacca come una valanga a pera, le scivola lungo l’attaccatura del setto nasale, lambisce una narice, aggira le labbra che sorridono ormai sinistre, indugia a lungo nella fossetta scavata dal mento ed infine precipita annegando nei flutti di un boccale di birra. Marco, l’altro istruttore, si avvicina al tavolo, raccoglie il suo boccale di birra e se lo tracanna tutto d’un fiato. Non fa nemmeno in tempo a ripulirsi i baffi di schiuma con il dorso della mano che d’improvviso gli si accende il buon umore in viso. Scherza! Sorride! Miracolo! Al Miracolo! Io m’inginocchio e prego!Santa Tecla!le Vostre lacrime!.come la Madonnina di Siracusa!
Note dell’autore:
1. e’ stato veramente arduo raccontarvi tutto questo senza dire parolacce!
2. quanto mi e’ mancata la classe degli snowboarder! Solo ora mi rendo conto di amarli, di averli sempre amati sin dai tempi delle piste. E avrei tanto voluto essere li’ con loro, per aiutarli e raggiungere cosi’ l’obiettivo comune: non e’ mica la prima volta che uno sciatore, animato da buone e nobili intenzioni, tentando disperatamente di aiutare uno snowboarder in difficolta’ mette un piede in fallo, una tavola scivola oltre il precipizio e va a finire che ci scappa il morto!
3. luoghi, fatti, nomi, personaggi, tempo e ogni altro piu’ piccolo dettaglio non hanno alcun riferimento con la realta’, ma sono solo frutto della mia fantasia, parto di una mente che, inutile dirlo, e’ irrimediabilmente compromessa.
PERBACCO!!…chiunque tu sia sei tagliente che piu’ di cosi’ non si puo’: ho come visto la lama di una scimitarra levarsi nell’aria e scintillare nel buio. So che non mi sarebbe permesso, ma una cosa debbo proprio dirtela: smetterla con le canne e trovarti una donna, no?!!!
nik 2bis
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