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Trascrizione del discorso di Gabriele Bianchi

Dal Seminario “Le responsabilità civili e penali del capo gita”.

Vi confesso che sentivo assolutamente doveroso portare questo messaggio di gratitudine, di riconoscenza e di stima nei confronti di una scuola che sta vivendo un momento che non può essere passato come uno degli eventi qualsiasi, non tanto per un datato storico di quarant’anni, ma per il ruolo, per il modo di essere che la Righini ha portato e porta ancora oggi nel Club Alpino Italiano.

Io ho avuto la fortunata sorte di vivere differenti ruoli vicini allo sci-alpinismo, da quello di istruttore a quello di presidente di una scuola di dieci sezioni, di presidente della prima commissione regionale lombarda per le scuole di scialpinismo, di consigliere centrale referente nei confronti della commissione nazionale, e mi ricordo ancora in qualità di vicepresidente quando tra gli ambiti cui dovevo prestare attenzione c’era quello della didattica e in primo piano le scuole di alpinismo e sci-alpinismo.

E allora grazie a questa esperienza sento di poter dire in un modo assolutamente convinto che la Righini è uno dei luoghi dell’eccellenza dello sci-alpinismo nel Club Alpino Italiano, e non solo. Evidentemente ce ne sono altri, io ho visto entrando amici delle scuole di Torino, di Genova, di Sondrio, ma, mi perdonino questi altri amici, vorrei sottolineare un aspetto particolare della Scuola Righini: al di là di essere stato modello di riferimento, soprattutto nell’area lombarda, è stata scuola per le scuole. Ne sono testimone diretto perché il primo istruttore nazionale di scialpinismo che ha organizzato quella ‘Valle del Seveso’ che oggi compie 28 anni, e ha portato la cultura, l’impegno e la serietà che ha appreso alla Righini, è arrivato proprio dai corsi come allievo di questa scuola.

Vorrei anche aggiungere che, credo in poche altre occasioni, guardando dei volti, dei visi, vorrei ricordare una lunga cordata: i primi sono già stati citati, Emilio Romanini e Fritz Gansser, accademico l’uno del Club Alpino Italiano, tutti e due fondatori e direttori dei primi corsi, e vorrei anche ricordare che nella storia del Club Alpino, nell’ultra centoquarantennale storia, solo 48 persone hanno avuto il riconoscimento di una medaglia d’oro, guarda caso due di queste, per l’appunto Romanini e Gansser, sono tra questa schiera. Poi ne ricordo altri lungo questa lunga storia: vedo oggi Guido Coppadoro, direttore della Scuola Righini, e lo ricordo quando era componente della prima commissione regionale per le scuole di scialpinismo, e anche allora la Righini è stata quella scuola, mi perdonino gli altri, non vorrei essere accusato di piaggeria, ma quella scuola che ha fatto proposte alla commissione regionale per organizzare attività, come quella di oggi, di alto contenuto culturale e anche tecnico; ti ricordi il corso di aggiornamento per la formazione sull’evoluzione della neve al suolo, lo studio delle valanghe, eccezionale! Di questa lunga cordata non voglio ricordarli tutti perché vi porterei via troppo tempo; ho ricordato i primi e ricordo gli ultimi: Ernesto Bassetti, anche lui già citato, scuola centrale di scialpinismo, componente e presidente del servizio valanghe; e c’è anche chi ha dato la propria disponibilità per dei ruoli affaticanti come quello di componente di un organo di governo e di amministrazione, l’amico Paolo Ricciardiello, consigliere centrale per sei anni, e, non ultimo per importanza, un altro carissimo amico, Angelo Brambilla, che oggi è presidente di quel consiglio direttivo della libera università della montagna che, in modo faticoso, sta cercando di portare avanti il principio della interdisciplinarietà: non mollare, Angelo!
Ed è stato anche, lui lo sa che lo chiamo simpaticamente l’ultimo dei Moicani, perché per modifiche statutarie intervenute è stato l’ultimo Segretario Generale del Club Alpino Italiano.

Allora credo che in poche altre e rare occasioni il Club Alpino abbia potuto utilizzare questo lungo filo intergenerazionale di uomini, di volti, di persone di elevata cultura e di elevate capacità, in poche altre occasioni abbia potuto attingere le proprie mani profondamente a questo catino ed utilizzare così tanti uomini di così alto profilo per l’interesse di carattere generale e collettivo. Io so che non avete bisogno di stimoli, voglio solo farvi un augurio: continuate, continuate a coltivare questo filo intergenerazionale.

Buon compleanno, Mister Righini.


[Applausi]